Il ritorno in Italia è stato per diversi motivi molto movimentato. Io e mio marito siamo tornati in patria felici e carichi, ma anche colmi di lavoro.
Ho dovuto sospendere il mio blog, anche se non ho mai volutamente farlo. Abbiamo fatto una scorpacciata di teatro, cinema, mare, sole, feste, cene con gli amici e parenti.
Il mio lavoro, fortunatamente, mi ha assorbito completamente e ho avuto delle piccole soddisfazioni. A far carico di tutto come due folli (io e Andrea) e presi dall’euforia decidiamo di
ristrutturare casa. Unire diversi stili “Industial style” con il minimalismo e lo “Shabby chic” ( Stile d'arredamento nato negli Stati Uniti, consistente nel riutilizzare mobili vecchi in modo
nuovo e creativo... Quello vero!!). Il risultato non è affatto male!
Una mattina di aprile libera da ogni impegno, scorgo dalla finestra un sole splendido ed è l’inizio della primavera romana. La vita al di fuori di casa scorre già velocemente ed io voglio godermi
appieno quest’istante. E’ caldo, ma ancora non è soffocante. Macchina fotografica, occhiali da sole, scarpette da ginnastica, poso tutto sul sedile del passeggero, metto in moto la macchina,
accendo la radio e parte una canzone di Mannarino “Me so ‘mbriacato” , ora si che mi sento completamente a Roma e parto verso Via Guido Reni a trovare “LEI”. Devo fare onore al primo architetto
donna che ha vinto il premio Pritzer, Zaha Hadid, è obbligatorio!! Un’ora per attraversare l’intera città… il mio quartiere, l’EUR, Circo Massimo, Lungotevere, l’Ara Pacis (vedi articolo..
http://architettontheroad.blogspot.it/2016/01/natale-roma-e-lara-pacis.html ) e
arrivare finalmente al MAXXI.
La piazza che fronteggia l’opera sottolinea la linearità e la semplicità della struttura magicamente pensata dalla genialità di questa donna. La pavimentazione della piazza che è aperta a tutti
anche per prendere un caffè o semplicemente un punto d’incontro tra i ragazzi (segno che l’ambiente ha preso vita e fa la sua funzione e segno come l’architettura possa riuscire nel
sociale).
Il materiale della piazza esattamente lo stesso dell’intero edificio, il cemento, rende tutto un’unica opera, un unico flusso. La piazza è un insieme di linee, flussi, che inducono lo spettatore
verso l’opera architettonica che a sua volta accoglie opere d’arte. La hall del MAXXI è enorme e a tutta altezza, subito si notano i tre colori dirompenti dell’opera, il grigio del cemento che
evidenzia l’opera architettonica nel suo intero, il bianco della hall e delle pareti in cartongesso, le scale nere in metallo che uniscono i diversi livelli e un’installazione rossa fissa al
centro delle scale di Maurizio Mochetti.
I flussi si trasformano in percorsi e rampe pedonali e per i disabili, tutto fuso nell’opera architettonica senza evidenziare l’impossibilità o le difficoltà di alcune persone rispetto a delle
altre persone, è evidente che in questo gesto la sensibilità e la genialità dell’architetto nel risolvere una “problematica per molti” è stato un suo punto vincente.
Il flusso ondulato, sinuoso, energico “intelligente” si orienta verso il MAXXI, anch’esso un’opera architettonica nata dall’intersezione di flussi, di linee che si trasformano armoniosamente in
volumi, che accolgono lo scorrere delle persone e che si trasformano a sua volte in galleria d’arte, piuttosto che in sale mostra.
I flussi artistici che t’inducono a sostare ma non a fermarti in un solo luogo ma a continuare la mostra d’arte in altre gallerie.
Le gallerie s’intersecano tra loro, mutano di continuo grazie a dei pannelli movibili che Zaha Hadid ha pensato per far si che le installazioni fossero continuamente diverse tra loro, la
possibilità di creare ambienti diversi in un unico spazio, la versatilità architettonica è ben studiata, unico nel suo genere.
Le gallerie cambiano di dislivello, quasi a far alludere alle stratificazioni storiche e archeologiche della città di Roma che si presentano come dei flussi continui che rappresentano la
continuità della storia romana.
Esse sono comunicanti tra loro, s’intrecciano, mutano da gallerie a rampe che portano a livelli più alti o da rampe a scale (le scale metalliche nere autoportanti che permettono le connessioni
verticali alle aree espositive.), tutto di colore nero, tanto da evidenziarne l’importanza architettonica di queste rispetto al grigio del resto dell’opera, scelta non casuale, ma per
evidenziarne non solo l’elemento architettonico in se ma il suo mutamento da un elemento architettonico ad un altro.
Ogni scala è uguale di dimensioni, nessuna ha una prevalenza architettonica, scelta spesso criticata, ma è un segno che ogni scala o rampa che sia porta ad un luogo che non ha una prevalenza
sull’altro, ogni elemento, ogni galleria, ogni esposizione ha la stessa importanza artistica e architettonica… e poi si gira, si torna indietro e ancora su e poi si scendono le scale, ci si
ritrova nello stesso punto di prima o in un altro che prima non ti eri accorto che esistesse… sembra di trovarmi in un quadro di Escher dove l’elemento architettonico è infinito (risoluzione del
finito nell’infinito con “Salita e Discesa”.) si perde la percezione e l’orientamento..
Il MAXXI è suddiviso in due temi e zone importanti, l’arte e l’architettura dove qui l’una si fonde con l’altra in un unico elemento. Il pavimento e il soffitto seguono lo stesso andamento del
flusso, come se fosse un torrente energico che percorre lo spazio per il pavimento e una luce passante che segue l’andamento stesso per il soffitto.
I materiali contraddistinguono l’uno dall’altro, la pavimentazione in cemento, le scale in metallo e il soffitto si trasforma in lucernari, da elemento tecnologico diventano parte importante per
l’architettura sia all’interno che è meno percepibile, che all’esterno. I lucernari diventano elementi indispensabili per garantire la luce naturale, sono sorretti da alte e sottili costolature
in cemento (dove al loro interno sono integrati gli impianti e vi è un sistema di frangisole tanto da permettere il controllo dell’ingresso della luce) che seguono, accentuandone l’andamento, le
sinuose linee delle gallerie e dell’edificio.
Non ci si stanca mai, si cammina molto, si perde un po’ la percezione dello spazio in questo vortice architettonico fino a salire nella galleria più alta che è in aggetto direttamente sulla
piazza progettata da Zaha Hadid e qui si trova la calma.
Sono sola, completamente sola, la galleria si trasforma in sala mostra, l’unica in tutta l’opera architettonica,
esaltata anche dalla “frattura congelata” nella pavimentazione segnalata da una lingua in vetro strutturale da dove si possono vedere i piani al di sotto di noi fino al pian terreno e capire
quanto siamo in alto senza rendercene conto.
Siamo a 23 metri di altezza.
Ragazzi che figata!
C’è solo un installazione, non la noto nemmeno, sono assuefatta dallo spazio enorme che mi avvolge. La grande vetrata mi permette di notare le linee della pavimentazione della piazza che
s’intersecano e si trasformano in un altro flusso, una percezione dell’architettura dall’alto dove prima ne ero parte (ci passeggiavo dentro) e ora ne sono estranea, sono al di fuori.
Mi godo questa riflessione in totale solitudine, seduta a terra accanto alla grande vetrata, consapevole che da li a poco tale solitudine sarebbe stata interrotta da qualche visitatore e così è
stato.
Mi alzo e me ne vado, attraverso tutto il MAXXI e il flusso mi porta fuori la piazza, mi siedo e mi godo per qualche istante il sole e il calore che per tanto tempo avevo dimenticato…
attraverso in senso contrario l’intera città tanto amata, cercata…e ora ritrovata!
Nota tecnica per i più appassionati:
Il MAXXI, Museo nazionale della arti del XXI secolo, è un progetto di Zaha Hadid Architects completato a Roma nel 2010 che, in prossimità a emergenze architettoniche quali il Palazzetto dello
sport e lo stadio Flaminio di Pier Luigi Nervi, si colloca in un’area della capitale al centro di una grande trasformazione, di cui lo stesso MAXXI è parte integrante.
Non lontano sorgono infatti il Parco della Musica di Renzo Piano, con il ponte della Musica di Buro Happold, e, lungo l’asse di via Guido Reni, il complesso dell’omonima ex caserma che nei
prossimi anni dovrebbe vedere la realizzazione del progetto di Paola Viganò e Studio 015, vincitori lo scorso anno del Progetto Flaminio. Come per la vicina area ex militare, anche il MAXXI
insiste su un’area in precedenza occupata da una caserma, la Montello, e la sua realizzazione è frutto di un processo lungo, complesso e non privo di intoppi.
L’idea di dare vita a un museo delle arti e dell’architettura contemporanee inizia a concretizzarsi nel 1998, quando la Soprintendenza Speciale Arte Contemporanea bandisce un concorso
internazionale di idee in due fasi su incarico del Ministero per i Beni Culturali al quale partecipano inizialmente 273 candidature sulle quali, a inizio 1999, si impone la proposta di Zaha
Hadid. Il progetto che da quel momento viene portato avanti, tra non poche difficoltà, ha come obiettivo primario la realizzazione degli spazi necessari al museo, che comprende le sezioni Arte e
Architettura, di quelli pubblici e del nuovo Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee istituito contestualmente al museo per essere ospitato all’interno della
struttura.
Ma si pone anche l’obiettivo dell’inserimento di un corpo del tutto nuovo, che sfoggia l’inconfondibile segno architettonico della sua progettista, all’interno di un contesto storico che vuole
preservare, come richiesto dal bando di concorso, una parte del complesso dell’ex caserma, nello specifico l’edificio che si affaccia su via Guido Reni e il corpo al confine con la vicina
basilica di Santa Croce a via Flaminia. Il cantiere viene avviato nel 2003 per concludersi nel 2009, portato avanti dal Consorzio MAXXI 2006 costituito ad hoc da Italiana Costruzioni (gruppo
Navarra) e Sac (gruppo Cerasi).
L’inaugurazione dell’edificio finito, avvenuta in parallelo al Macro di Odile Decq, si è tenuta il 28 maggio 2010 dopo più di dieci anni in cui non sono mancati dibattiti e polemiche tra
sostenitori e critici sia della scelta del progettista che della proposta elaborata (il periodo è lo stesso delle vivaci polemiche sul complesso museale dell’Ara Pacis realizzato da Richard
Meier), problemi strutturali dovuti alla complessità del nuovo edifico e la cronica mancanza di fondi pubblici che, nell’avvicendarsi di ministri e amministrazioni, spesso ha minacciato
l’interruzione del cantiere.
Il progetto inserisce all’interno di un lotto a L un nuovo insieme dinamico dalle linee plastiche e fluide che innesta, appoggiandovisi, sulla preesistenza.
Elevato per 23 metri, realizza internamente 27.000 mq di superficie e si sviluppa su tre livelli sovrapposti che, in forma di una serie di morbidi fasci orizzontali posati all’interno dell’area,
sono imperniati sullo spazio a tutt’altezza dell’atrio di ingresso all’interno del quale spiccano, sullo sfondo bianco delle superfici interne, le scale metalliche nere autoportanti che
permettono le connessioni verticali alle aree espositive.
All’interno, una serie di ponti e passerelle unisce le diverse aree, utilizzabili in modo flessibile ma senza gerarchie e per questo da alcuni criticati, i tre livelli e le componenti di un
complesso che al piano terra si apre verso la città creando un percorso pedonale che attraversa le aree esterne del lotto e posizionando funzioni come l’auditorium, il bookshop, la caffetteria e
gli spazi dei laboratori didattici. Cemento, vetro, metallo e la modulazione di bianco, nero e grigio caratterizzano il MAXXI sia all’interno che all’esterno.
Suddiviso in corso d’opera in cinque corpi strutturalmente indipendenti collegati da giunti di dilatazione per rispondere al meglio anche alle normative antisismiche (riviste a progetto già
appaltato), il complesso si regge su fondazioni a pali sui quali si poggia su un sistema di pareti portanti in calcestruzzo autocompattante gettate in opera che hanno richiesto attenzione anche
per la resa estetica richiesta dalla faccia a vista, oltre che per il mantenimento della necessaria portanza strutturale.
I lucernari, da elemento tecnologico diventano parte importante per l’architettura sia all’interno dove è tuttavia meno percepibile, che all’esterno: indispensabili per garantire un ingresso
zenitale della luce naturale, necessario per la funzione museale, sono realizzati in cemento fibrorinforzato e sorretti da alte e sottili costolature in cemento che seguono, accentuandone
l’andamento, le sinuose linee delle gallerie e dell’edificio.
Integrato ai lucernari e insieme agli impianti che corrono nello spessore delle costolature, un sistema di frangisole premette di tenere sotto controllo l’ingresso della luce.
Con il progetto del MAXXI si supera l'idea dell'edificio-museo.
La complessità dei volumi, le pareti curvilinee, il variare e l'intrecciarsi delle quote determinano una trama spaziale e funzionale molto articolata che i visitatori possono attraversare
seguendo percorsi sempre diversi e inaspettati.
Testi per “Nota tecnica per i più appassionati” presi da: Architetto.info; fondazionemaxxi
Immagini: @ZahaHadid; @Karmarchitettura
Foto: Scattate da me, @ ZahaHadid
Commenti
Ciao Architetto On The Road, sono sempre Laura... sto impazzendo con il tuo blog, amo Zaha Hadid con i suoi flussi che ti trascinano come un vortice nel mondo di questa donna, ti danno la carica e gioia di visitare il Museo del MAXXI e tutte le sue architetture.
RispondiEliminaTi seguirò... aspetto altri mille tuoi articoli.
Ciao Laura, ma grazieeeeeee di leggere con tale passione i mie articoli, mi riempi di gioia!! Continua seguirmi su questo blog , anche su FB e Instagram. Una buona giornata On The Road!!!
EliminaCiao Architetto On The Road, certo che ti seguiròòòò, giuro fino allo sfinimento, sei troppo brava... ora giro il tuo blog anche alle mie colleghe.
EliminaUn salutone Laura
Buongiorno Laura, ormai sei una mega fan!!!!
Buona giornata On The Road!!